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Città a 30km: l’ambiente?

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Un aspetto da tener presente nelle “Città a 30 chilometri orari” è sicuramente quello ambientale. Nella delibera del Comune di Bologna :l’obiettivo principale dell’iniziativa è ridurre la quantità di morti e feriti negli incidenti stradali. E le prime stime rilasciate dal Comune sono incoraggianti: rispetto allo stesso periodo del 2023, infatti, nelle prime due settimane dall’introduzione del nuovo limite di velocità (tra lunedì 15 e domenica 28 gennaio) si è registrata una riduzione degli incidenti del 21%. Con un calo del 18,2%degli incidenti con feriti e del 24,4%di quelli senza. I pedoni coinvolti, inoltre, sono diminuiti del 27,3%. E sul fronte ambientale? La diminuzione della velocità comporta riduzione delle emissioni inquinanti? Oppure è vero il contrario? La risposta a queste domande deve partire da un dato di fatto: «Non ci sono studi precisi sull’impatto di queste misure sulla qualità dell’aria. Le città non sono realtà isolate e, al di là del traffico, sono tantissimi i fattori che possono influenzare questo aspetto».

Il Comune di Bologna ha messo a disposizione della cittadinanza una nota in cui si parla di minore inquinamento e meno consumi energetici. A supporto di questa tesi vengono citate diverse ricerche: il primo è uno studio empirico del 2012 di un ricercatore dell’Università Politecnica di Madrid, Jesùs Casanova, secondo cui riducendo la velocità di marcia si ottiene anche una diminuzione delle emissioni di anidride carbonica (CO2). «Nelle zone con il limite a 50 chilometri orari, il picco di emissione dell’automobile utilizzata per i test è stato di 2,2 grammi al secondo. La stessa automobile, in una zona dove il limite era di 30 chilometri orari, ha registrato un picco di emissione inferiore a un grammo di CO2 al secondo», si legge sul sito. Tuttavia bisogna puntualizzare che i test sono stati condotti su un solo veicolo e, di conseguenza, è molto difficile determinare se i risultati della ricerca possano essere applicati a tutte le altre tipologie di mezzi. Uno studio dello scorso anno del centro di ricerca Future Transport Research, basato su un modello di simulazione avanzato che ha sfruttato i dati di traffico reali di Londra, ha calcolato che abbassare il limite di velocità a 30 chilometri orari ha portato una «notevole diminuzione delle emissioni» sia per la CO2 (fino a -37,8 per cento) sia per gli ossidi di azoto (fino a -78,8 per cento). «La premessa da fare è che gli studi su questo tema sono ancora pochi e che i risultati cambiano a seconda degli inquinanti che si prendono in considerazione», avverte Giovanni Lonati, professore di Inquinamento atmosferico del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale del Politecnico di Milano.

Il punto», continua Lonati «è che non c’è una risposta univoca. Nel caso degli ossidi di azoto (composti chimici che contribuiscono alla formazione di ozono nei bassi strati dell’atmosfera), sappiamo che una diminuzione della velocità di marcia contribuisce a ridurne l’emissione». Tanto che in Olanda, nel 2019, il governo aveva deciso di tagliare i limiti di velocità sulle autostrade da 130 a 100 chilometri orari nella fascia oraria tra le 6 e le 19 per rientrare nei parametri stabiliti dall’Unione europea. «Più difficile, però, avere dei dati puntuali sulle emissioni di CO2, su cui oltre al consumo di carburante dei veicoli a combustione interna, può anche incidere il regime di moto dei veicoli ibridi», precisa Lonati. Gli inquinanti presenti in città causati dal traffico sono dovuti principalmente a due fattori: lo scappamento e l’attrito dei sistemi frenanti dei veicoli e quello delle gomme sull’asfalto, aggravato dalle frenate. «Per quanto riguarda il materiale particolato, andare a velocità minori porta due vantaggi: riduce l’entità delle frenate, causando meno emissioni, e fa sì che il passaggio delle auto sollevi meno polveri depositate sull’asfalto, ridimensionando il cosiddetto “effetto scia”».

Altro punto fondamentale è quello della velocità media delle auto nelle aree urbane. Secondo Lonati, infatti, gli studi sperimentali disponibili sul tema si basano su cicli di guida che possono differire anche sensibilmente da quello che succede nella realtà: «Nel traffico urbano non si va mai a 50 chilometri orari in modo continuativo: molto spesso si percorrono tratti a una velocità maggiore e in altri casi, pensiamo ai semafori, si è costretti a rallentare, più o meno bruscamente, e a rimanere fermi. È il cosiddetto “traffico stop & go”, uno stile di guida fatto di accelerazioni e decelerazioni che incide sui consumi e causa più emissioni. Sotto questo punto di vista, un traffico a 30 chilometri orari ma fluente potrebbe risultare meno impattante rispetto a un traffico stop & go a velocità di punta più elevate». Su quest’ultimo aspetto c’è anche uno studio pubblicato nel 2009 dal Virginia Polytechnic Institute and State University degli Stati Uniti, secondo cui a fare la differenza non è tanto il limite di velocità, ma il modo in cui acceleriamo e deceleriamo quando siamo alla guida: la conclusione è che dispositivi come le rotatorie incoraggiano stili di guida più fluidi rispetto a semafori e dossi, con minori emissioni e consumo di carburante.

Aldilà degli aspetti ambientali, l’introduzione di nuovi limiti di velocità all’interno delle città può essere anche un primo passo per promuovere un modello di mobilità più sostenibile. «A livello europeo, le città che hanno introdotto il limite a 30 chilometri orari lo hanno fatto come parte di una politica più ampia», spiega Paola Pucci, professoressa di Pianificazione Urbana e Politiche Territoriali del Politecnico di Milano. Lo scopo principale, continua la docente, è promuovere una città sempre meno dipendente dall’auto privata: «Per farlo, però, serve una visione più ampia per creare un sistema integrato tra mobilità attiva (andare a bici e a piedi), trasporto pubblico e mezzi in condivisione. Le auto private infatti stanno quasi sempre ferme: è un uso parassitario dello spazio pubblico». Il modello di riferimento è quello della cosiddetta città a 15 minuti, dove i servizi essenziali possono essere agilmente raggiunti dai cittadini a piedi o in bici: «È su questo punto che lavorano le agende urbane più innovative. Fornendo più servizi si riesce a disincentivare una iper-mobilità a cui molto spesso i cittadini sono costretti: ecco quale dovrebbe essere la priorità delle amministrazioni».

Solo un periodo lungo potrà garantire abbastanza dati per poter fare dei bilanci ambientali.

(Fonte:CorrieredellaSera)

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