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Riforma della Giustizia, dall’ipotesi di un’Alta Corte per giudicare i magistrati ai due Csm

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Nella riunione è stato illustrato il ddl costituzionale che il Guardasigilli Carlo Nordio presenterà entro le Europee.

Un’Alta Corte, ossia un organismo che giudicherà sia i magistrati giudicanti che requirenti. E’ una tra le ipotesi, in merito alla riforma della Giustizia, che sarebbe emersa nella riunione che si è svolta a Palazzo Chigi, alla presenza della premier Giorgia Meloni, alla quale hanno partecipato il sottosegretario Alfredo Mantovano, il ministro Carlo Nordio, il vice ministro Paolo Sisto, i sottosegretari Ostellari e Del mastro, i presidenti della Commissioni Giustizia di Camera e Senato Ciro Maschio e Giulia Bongiorno e i responsabili Giustizia dei partiti del centrodestra.

Nel corso della riunione è stato illustrato il ddl costituzionale che il Guardasigilli Carlo Nordio presenterà entro le Europee e che, oltre all’Alta Corte prevede anche la separazione delle carriere dei magistrati (distinti tra giudicanti e requirenti e dunque con diversi concorsi di accesso) e l’istituzione di due Csm.

Sarebbe invece ancora in corso un dibattito sul metodo di elezione dei togati, per stabilire se sarà a sorteggio ‘secco’ o ‘mediato’. In quest’ultimo caso, per la componente togata, i magistrati candidabili al Consiglio superiore della magistratura che saranno sorteggiati sarebbero poi sottoposti a successiva selezione. 

Si esclude invece l’ipotesi della nomina di metà dei componenti del Csm da parte del governo. Sempre secondo le valutazioni in campo, vi è l’aumento del numero dei membri laici dei Consigli, almeno un quarto nominati dal Parlamento.

Dibattito aperto anche sulla presidenza dei due Csm: prevale l’ipotesi che resti il presidente della Repubblica a presiederli, ma non si può ancora escludere l’eventualità che la scelta ricada sul primo presidente della Corte di Cassazione e sul procuratore generale presso la Corte, entrambi rispettivamente per i due distinti Consigli.   

L’ipotesi dell’istituzione di un’Alta Corte che giudichi tutti i magistrati è ripresa dalla cosiddetta ‘bozza Boato‘, che mise a punto l’allora deputato Marco Boato durante la Bicamerale per le riforme di Massimo D’Alema. Secondo la bozza, “la Corte di giustizia della magistratura” si sarebbe dovuta occupare dei “provvedimenti disciplinari nei riguardi dei giudici ordinari e amministrativi e dei magistrati del Pubblico ministero”. “La Corte – si leggeva ancora nella bozza – è altresì organo di tutela giurisdizionale in unico grado contro i provvedimenti amministrativi assunti dai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa”. La “Corte è formata da nove membri, eletti tra i propri componenti dai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa”.    

Tra i temi ancora in analisi, l’esercizio dell’azione penale e la sua discrezionalità. Il proposito sarebbe quello di riformare l’articolo 112 della Costituzione, in cui è attualmente prevista l‘obbligatorietà dell’azione penale, introducendone invece la discrezionalità. E le priorità di questo esercizio potrebbero ad esempio essere stabilite per legge.

Per quanto riguarda la riforma della giustizia, che prevede la separazione delle carriere, la scorsa settimana Nordio aveva spiegato nel corso di una intervista che si tratta di un tema inserito “nel nostro programma, quindi è un obbligo assunto nei confronti degli elettori. Il disegno di legge costituzionale sarà presentato a breve, ma non deve allarmare i magistrati”.

Sulla futura riforma è intervenuta l’Associazione nazionale dei magistrati per chiedere “un confronto con Nordio per un contributo tecnico al provvedimento, almeno prima che diventi legge”. Un incontro dove l’Anm intende esprimere anche i suoi timori per “il totale stravolgimento dell’assetto costituzionale” perché “viste nell’insieme le riforme preoccupano”. Una bocciatura sui provvedimenti annunciati arriva intanto anche dall’Associazione europea dei giudici, la quale ritiene che le ipotesi di riforma del governo italiano costituiscano “un grave attacco all’indipendenza della magistratura”, poiché andranno a minare “l’attuale equilibrio di poteri esistente in Italia”, in contrasto “con gli standard europei”.

>>>>>>>>>>>>>> Per voi che leggete: l’ART 112 Cost.<<<<<<<<<<<<<<<<

“Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale.”

La figura del pubblico ministero

Per avere una «giustizia giusta» ci vuole una figura che proceda contro chi può avere commesso un reato, che svolga le indagini preliminari e che, raccolte le prove, le metta nelle mani di un giudice affinché si decida se rinviare a giudizio l’indagato o archiviare la pratica. Quella figura è il pubblico ministero, un organo designato dallo Stato per garantire il rispetto della legge e per valutare le eventuali azioni penali a carico di un cittadino. L’articolo 112 della Costituzione impone al pm di svolgere questa attività.

La funzione del pubblico ministero, dunque, è quella di esercitare l’azione penale che porterà – se il giudice per le indagini preliminari lo riterrà opportuno – al processo, durante il quale il pm ricoprirà il ruolo di pubblica accusa contro l’imputato. A lui spetta trovare le prove e sostenere in tribunale gli elementi di colpevolezza della persona portata alla sbarra.

Non bisogna dimenticare che il pubblico ministero, chiamato anche sostituto procuratore della Repubblica, è comunque un magistrato. Ciò significa che gode di indipendenza e di autonomia. È «sostituto» perché dipende gerarchicamente dal Procuratore della Repubblica, il quale può intervenire (con motivazione formale) sulle attività giudiziarie svolte dal pm.

L’obbligo dell’azione penale

Si pensi per un attimo ad un pubblico ministero che viene a conoscenza di una notizia di reato: che succederebbe se, arbitrariamente, decidesse di non accertare l’esistenza reale del delitto? Oppure se ricevesse una telefonata da qualcuno con un certo potere che chiedesse di lasciar perdere eventuali indagini su un determinato soggetto? La risposta è fin troppo evidente: non si potrebbe parlare di una giustizia che mette sullo stesso piano tutti i cittadini.

Per evitare situazioni come queste, l’articolo 112 della Costituzione impone al pubblico ministero di svolgere l’azione penale, cioè di indagare quando riceve una notizia di fatti che possono ipotizzare l’esistenza di un reato. Chiunque sia la persona sospettata di avere commesso un delitto, senza alcun tipo di favoritismi, deve finire sotto indagine. Il pubblico ministero coordinerà il lavoro della polizia giudiziaria nella raccolta delle prove e, una volta concluso, dovrà formulare un’accusa nei confronti dell’indagato chiedendo al giudice la celebrazione di un processo.

Ciò non vuol dire che il pubblico ministero ha il potere di rinviare a giudizio la persona sulla quale ha svolto le sue indagini: le prove raccolte devono essere sottoposte al giudice dell’udienza preliminare (chiamato anche gup) affinché sia lui, per competenza, a decidere per il rinvio a giudizio o per l’archiviazione nel caso in cui non ci siano sufficienti elementi a dimostrare l’esistenza del reato o le responsabilità dell’indagato.

L’azione penale del pubblico ministero, oltre ad essere obbligatoria, è anche pubblica (spetta solo allo Stato tramite il pm) e irretrattabile. Significa che, una volta avviata, il pubblico ministero non può decidere di tornare indietro e di chiedere l’archiviazione. Se ritiene che la notizia di reato sia infondata o che gli autori del delitto siano rimasti ignoti, dovrà chiedere eventualmente l’archiviazione al giudice per le indagini preliminari (il cosiddetto gip) che deciderà se chiudere il caso oppure portarlo fino in fondo, in disaccordo con il pm.

La regola, però, ha la sua eccezione e riguarda la possibilità per il pubblico ministero di esercitare l’azione penale con citazione diretta a giudizio, come prevede l’articolo 550 del Codice di procedura penale. Succede per i delitti minori, cioè per contravvenzioni o per reati puniti con una pena della reclusione per un massimo inferiore a quattro anni (con o senza multa).

La citazione diretta a giudizio può avvenire anche per:

  • violenza o minaccia a pubblico ufficiale;
  • resistenza a pubblico ufficiale;
  • oltraggio aggravato a un magistrato durante un’udienza;
  • violazione aggravata di sigilli;
  • rissa aggravata, ad eccezione di quella che si conclude con omicidio o con lesioni personali gravi o gravissime;
  • lesioni personali stradali, anche se aggravate;
  • furto aggravato;
  • ricettazione.

(per i dettagli tecnici costituzionali, fonte:Laleggepertutti)

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