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Forza Lupi! Il ritorno del lupo

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Il lupo(Canis Lupus), uno dei grandi carnivori selvatici europei, è tornato a essere padrone dei boschi del Vecchio Continente. Nell’UE nel 2023 se ne aggiravano circa 20.300, presenti in tutti i 24 Stati non insulari: in 23 Paesi vivono branchi che si riproducono selvaticamente. Mancano solo da Irlanda, Cipro e Malta( essendo isole), e tendono a prolificare. Nel 2012, undici anni prima, la popolazione di lupi dell’UE era stimata in 11.193 esemplari. La presenza del lupo in Europa è quasi raddoppiata nel corso di un decennio, ma la specie non può ancora essere considerata del tutto fuori pericolo. E’ il quadro emerso da un rapporto redatto dai servizi della Commissione Europea (“The Situation of the Wolf in the European Union”-la situazione del lupo nell’Unione Europea) su spinta del Parlamento Europeo.

Il rapporto, firmato da Juan Carlos Blanco e Kerstin Sundseth, è stato preso come base per la decisione della Commissione di proporre al Consiglio di abbassare lo status di protezione del lupo da “rigidamente protetto” a “protetto”. Quella decisione politica è stata una delle prime avvisaglie di ripensamento dell’Amministrazione di Ursula von der Leyen si preparava a fare su alcuni capitoli del Green Deal, sotto la spinta del malcontento degli agricoltori, cui il Ppe, il partito che ha ricandidato la presidente, è particolarmente sensibile. I Popolari su questi temi subiscono la concorrenza delle destre nel ‘recinto elettorale’ del mondo agricolo-pastorizio, concorrenza che ha riguardato anche il lupo, tanto che a Bruxelles c’era chi definiva ‘maggioranza Wolf’ la futuribile alleanza Ppe-Id-Ecr (improbabile, allo stato), vista la consonanza sulla necessità di abbassarne lo stato di protezione.

In quella decisione qualche malpensante volle vedere, senza addurre alcun elemento a supporto, la ‘vendetta’ di Ursula von der Leyen per il suo amato pony Dolly, che sarebbe stato sbranato da un lupo della Bassa Sassonia. Certo che Ursula è un personaggio…

Il rapporto dei tecnici della Commissione attesta sì che il numero dei lupi è aumentato in Europa nell’ultimo decennio, ma sottolinea anche che, nelle sette regioni biogeografiche dell’Ue (Pannonica, Continentale, Alpina, Atlantica, Mediterranea, del Mar Nero e Boreale), secondo l’ultima valutazione disponibile (2013-2018), il suo stato di conservazione era “favorevole” solo in una regione, quella Alpina (che comprende Alpi, Appennini, Pirenei, Alpi Scandinave, Carpazi) mentre nelle altre sei era “sfavorevole”. Nel precedente periodo (2007-2012), lo stato di conservazione del grande carnivoro era favorevole in due aree, quella Alpina e quella Atlantica, quindi le cose andavano meglio di come vanno adesso.

Nel 2023 comunque, stando al rapporto, sono stati rilevati branchi di lupi con capacità riproduttiva in 23 Paesi Ue, tutti quelli dell’Europa continentale a parte il Lussemburgo, dove sono solo di passaggio. L’Italia, Paese dal quale il grande canide non se ne è mai andato, è prima in Europa per numero di lupi, con 3.307 esemplari (le stime sono soggette ad un certo grado di incertezza, dovuto tra l’altro alle difficoltà intrinseche del conteggio e ai diversi metodi nazionali).

La seconda ‘casa’ europea del lupo è un altro Paese latino, la Romania(patria di Dracula e di chi siama Lupescu!), con una popolazione stimata tra 2.500 e 3.000 esemplari. Seguono la Spagna (oltre 2.100), la Polonia (1.886), la Germania (1.400) e la Grecia (1.020). La Bulgaria stima di averne 2.712, ma secondo esperti come lo zoologo italiano Luigi Boitani, un’autorità in materia, si tratta di stime molto imprecise; per la Commissione è più vicina al vero la stima di 800-1.200 lupi fornita nel 2018. Il lupo negli ultimi anni è tornato in pianta stabile anche in Paesi da cui mancava da decenni e che sono altamente antropizzati, come l’Olanda e il Belgio.

Il lupo, va tenuto presente, fa parte dell’ecosistema naturale europeo e svolge un ruolo importante. In un territorio altamente antropizzato come il nostro non possono avere l’effetto altamente benefico che hanno avuto nei grandi parchi naturali del Nord America: un caso eccellente è Yellowstone, dove la loro reintroduzione ha mitigato l’esplosione numerica degli wapiti(roditori dannosi), moltiplicando, con un effetto-cascata, la salute dell’ecosistema e, in ultima analisi, anche la condizione dei fiumi e la popolazione di castori. Possono però “limitare i tassi di aumento e le densità degli ungulati selvatici”, riducendo così i danni alla vegetazione selvatica e alle colture, come pure gli incidenti stradali provocati da collisioni con grandi ungulati, come cervi e cinghiali, che possono essere estremamente pericolosi. Soprattutto, riducono l’incidenza di malattie pericolose per il bestiame di allevamento, come la tubercolosi e la peste suina africana, un vero flagello per gli allevamenti suini.

Gli autori del rapporto ricordano anche che risultati di ricerche condotte sul campo e in laboratorio “hanno dimostrato che, quando i lupi consumano carne di cinghiali selvatici positivi alla peste suina africana, il virus non sopravvive al passaggio nel tratto intestinale”. Inoltre, oltre a uccidere gli animali malati, i lupi “possono limitare la trasmissione della peste suina africana rimuovendo carogne infette”. I lupi, “selezionando le prede più vulnerabili, come gli individui malati, possono limitare l’incidenza delle malattie che gli ungulati selvatici possono trasmettere al bestiame”, nota il rapporto. Per esempio, nella Spagna Meridionale, dove il lupo è estinto, vari studi indicano la difficoltà di contenere la tubercolosi nel bestiame, “a causa dell’alto tasso di contagio tra gli ungulati selvatici”. I cinghiali della Spagna Meridionale hanno tassi di contagio da Tbc molto alti (52% nel parco nazionale di Donana, 58% nella Sierra Morena, fino al 98% in alcune riserve di caccia). Per contro, in Galizia e nelle Asturie, nella Spagna Nordoccidentale, dove ci sono “dense popolazioni di lupi e densità molto inferiori di ungulati selvatici, la prevalenza della Tbc nei cinghiali selvatici era molto più bassa, al 2,6%”.

E’ pur vero però che i lupi uccidono anche il bestiame da allevamento, specialmente nelle zone in cui la popolazione di ungulati selvatici(cinghiali, cervi) è poco abbondante. I branchi hanno una spiccata predilezione per gli ovini, come nelle classiche fiabe di lupo vs pecora. Nell’UE, secondo il rapporto, uccidono ogni anno “almeno 65.500 capi di bestiame”, per il 73% pecore e capre, per il 19% bovini (principalmente vitelli) e per il 6% cavalli e asini. I danni più elevati si verificano in Spagna, Francia e Italia (10-14mila capi uccisi ogni anno in ciascun Paese). In Francia prevalgono le uccisioni di pecore, in Spagna quelle di bovini, sulle montagne dell’Europa sudoccidentale gli equini, in Svezia e Finlandia le renne allevate allo stato brado.

Tuttavia,stando al rapporto, considerando che nell’Ue vivono circa 60 milioni di pecore, i lupi ne uccidono ogni anno solo lo 0,065%. “Su larga scala – scrivono gli esperti – l’impatto complessivo dei lupi sul bestiame nell’Ue è molto ridotto”, ma, attenzione, “a livello locale, la pressione sulle comunità rurali può essere elevata in alcune aree”. I livelli di predazione sul bestiame sono “tipicamente più elevati sul bestiame allevato allo stato brado” e sono “più bassi nelle aree in cui il lupo non è mai scomparso”, perché gli allevatori locali si sono adattati, prendendo delle contromisure.

Ad ogni modo, notano gli autori, i danni al bestiame dovuti alla crescente presenza del lupo “stanno crescendo nell’UE” e non vanno sottovalutati, anche perché “vanno oltre la dimensione meramente economica”. In alcune zone, il bestiame svolge un “ruolo chiave” nel preservare “praterie ad elevata biodiversità” e nell’area mediterranea “contribuisce alla prevenzione degli incendi”. C’è anche il problema della predazione ai danni degli animali domestici, come cavalli e cani da caccia: anche se “meno comuni” dell’uccisione del bestiame da allevamento, questi episodi hanno un forte impatto, anche emotivo, senza contare il fatto che un cane da caccia addestrato ha un valore molto elevato per il cacciatore e non è immediatamente né facilmente sostituibile. I lupi sono molto aggressivi nei confronti dei cani da caccia, che percepiscono come concorrenti nella predazione sul proprio territorio. In più, attaccano a volte anche cani da guardia legati alla catena, per cibarsene.

Un problema da non sottovalutare, sottolinea il rapporto è quello, ben noto agli esperti, dei ‘lupi confidenti’, cioè animali che perdono la naturale diffidenza nei confronti dell’uomo, spesso perché vengono nutriti dalle persone, come se venissero considerati dei cagnolini. Sono da considerare animali selvatici, che possono diventare pericolosi: uno degli unici due casi di attacchi mortali ai danni di umani verificatisi nel Nord America negli ultimi decenni ha visto protagonista proprio un lupo ‘confidente’, nel Saskatchewan (Canada), che veniva nutrito dagli uomini e che non li temeva più. Casi di attacchi non letali da parte di lupi confidenti si sono verificati anche in Europa. in particolare in Germania, Polonia e anche in Abruzzo, dove l’estate scorsa una lupa ha morso alcune persone sulla spiaggia di Vasto. In questi casi, le azioni di mitigazione possono essere efficaci (come l’allontanamento usando proiettili di gomma, per spaventare l’animale).

Anche se il rischio di attacchi all’uomo in Europa è “molto basso”, non è “pari a zero”, secondo il rapporto, sottolineando che queste paure ataviche vengono spesse sfruttate dai nemici del lupo, a volte con la complicità involontaria dei mass media. E’ esemplare il caso di Celia Hollingworth, un’insegnante britannica in pensione i cui resti vennero trovati in un bosco della Tracia, nella Grecia nordorientale, nell’estate del 2017: sul Web si trovano solo articoli che attribuiscono la sua morte al lupo, ma il rapporto ricorda che, in realtà, venne sbranata da un branco di cani rinselvatichiti, che sono molto più pericolosi dei lupi perché non temono l’uomo. “Sebbene i lupi possano attaccare gli esseri umani – spiegano gli autori – negli ultimi 40 anni in Europa non sono stati registrati attacchi mortali contro le persone. Per ridurre ancora di più il già piccolo rischio che i lupi rappresentano per la sicurezza umana, sono stati sviluppati protocolli specifici per affrontare il problema dei lupi coraggiosi e/o condizionati dal cibo”.

La presenza del lupo può anche essere trasformata in una risorsa, come è già successo per l’orso bruno in alcune zone dell’Ue. “Il turismo legato al lupo – notano gli esperti – può creare reddito nelle zone rurali e portare anche a una maggiore tolleranza nei confronti dei lupi a livello locale. Il turismo può anche educare i visitatori sull’ecologia dei lupi e su come coesistere con loro, sensibilizzando e promuovendo gli sforzi di conservazione. Il turismo legato al lupo dovrebbe tuttavia essere adeguatamente pianificato e regolamentato, per prevenire eventuali impatti negativi sui lupi”.

La decisione della Commissione di proporre di abbassare lo status di protezione del lupo, malgrado gli Stati possano, in base alla direttiva Habitat, già intervenire con un buon margine di discrezionalità in caso di necessità, contrasta anche con l’impopolarità di questa misura tra il pubblico indistinto: secondo i dati raccolti dalla Commissione nel 2023, ricordano gli esperti, “oltre il 70% degli intervistati si è espresso a favore del mantenimento dello status di protezione del lupo, rispetto al 29% favorevole alla riduzione dello status di protezione”. Forse è per questo che la Commissione Von der Leyen ha deciso di annunciare la richiesta di degradare lo status di protezione del lupo proprio il 20 dicembre scorso, quando i media a Bruxelles erano impegnati a ‘coprire’ la riforma del patto di stabilità.

Ad ogni modo, Homo homini lupus diceva Hobbes, riprendendo Plauto. Ma non è corretto. I lupi sono migliori di noi umani.

(Fonte:ADNKronos)

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