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Malagiustizia come mai prima d’ora: il caso Zuncheddu

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Beniamino Zuncheddu, incarcerato ingiustamente per ben 33 anni.

“Ero giovane, mi hanno rubato tutto” ha dichiarato con l’amaro( amarissimo) in bocca.

Pastore sardo, era entrato in carcere due mesi prima di compiere 27 anni con l’accusa di triplice omicidio e ne è uscito a 59 anni per non aver commesso il fatto, come stabilito dalla Corte d’Appello di Roma.

E’ stato 32 anni in carcere, dopo tutto questo tempo Beniamino Zuncheddu, il pastore accusato nel 1991 di aver ucciso altri 3 pastori per una faida tra famiglie a Sinnai, in provincia di Cagliari, è stato assolto. “La strage del Sinnai” fu definita.

Gli investigatori puntarono subito sui contrasti tra allevatori, in particolare tra i Fadda e gli Zuncheddu, che gestivano un altro ovile. Nei mesi precedenti alla strage erano stati segnalati episodi di vacche uccise, cani impiccati e diverbi sfociati in aggressioni e minacce di morte. Secondo l’accusa, l’assassino arrivò all’ovile in sella a una Vespa: sparò un colpo di fucile a Gesuino Fadda sulla strada di accesso, poi salì verso il recinto del bestiame dove uccise il figlio. Entrato in un piccolo edificio, colpì anche Puxeddu e Pinna, che rimase solo ferito.

Beniamino Zuncheddu all’epoca aveva 27 anni. Le forze dell’ordine arrivarono a lui per via dei contrasti che in passato aveva avuto con i Fadda. Fu arrestato perché non aveva un alibi solido e non riuscì a dare spiegazioni convincenti alla procura.

Tuttavia la svolta delle indagini giunse circa cinquanta giorni dopo la strage, quando l’unico superstite e testimone oculare, Luigi Pinna, indicò Zuncheddu come autore del triplice omicidio, mentre prima di quel momento aveva sostenuto di non poter riconoscere l’assassino perché aveva la faccia coperta da una calza. Zuncheddu fu condannato all’ergastolo: ha trascorso 32 anni nelle carceri sarde di Badu ’e Carros, Buoncammino e Uta, sotto stretta sorveglianza. Soltanto negli ultimi anni gli è stato concesso il regime di semilibertà, cioè la possibilità di lavorare fuori dal carcere di giorno per tornare in cella di notte.

Tre anni fa l’avvocato Mauro Trogu convinse la procura e l’ex procuratrice generale di Cagliari Francesca Nanni a riaprire il caso con un processo di revisione per esaminare nuove prove a sostegno dell’innocenza di Zuncheddu.

La revisione

Il processo di revisione è l’estrema ratio e una straordinaria possibilità prevista dal codice penale italiano di correggere un errore giudiziario che ha portato ingiustamente a una condanna. A questa possibilità accede un numero molto limitato di casi: di fatto il processo di revisione è in toto un nuovo processo che può essere istituito dopo che la sentenza è divenuta definitiva, ma solo in presenza di argomenti e prove molto forti per sovvertire la decisione di colpevolezza, e che sono valutati con criteri molto stringenti da una Corte d’Appello che ne deve stabilire l’ammissibilità, prima di procedere all’eventuale nuovo processo (che si può concludere comunque con una ulteriore conferma della condanna).

In Italia la richiesta di revisione di un processo segue un percorso stabilito dall’articolo 630 del Codice di Procedura Penale: può essere chiesta «se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto». Oppure qualora «se è dimostrato che la condanna viene pronunciata in conseguenza di falsità in atti o in giudizio o di un altro fatto previsto dalla legge come reato». A chiedere la revisione del processo possono essere, secondo l’articolo 632 sempre di Procedura Penale, la persona condannata o un suo parente attraverso la difesa, oppure il procuratore generale presso la Corte d’Appello nel cui distretto, cioè l’area di competenza della Corte, fu espressa la sentenza di condanna.

“È stata una cosa bellissima, la aspettavo da tanti anni”. “È una cosa inspiegabile” ha dichiarato. Beniamino Zuncheddu era entrato in carcere due mesi prima di compiere 27 anni e ne è uscito a 59 anni. Nel processo di revisione la Corte d’Appello penale di Roma ha stabilito che non è stato lui ad uccidere Gesuino Fadda, 56 anni, il figlio Giuseppe, di 24 anni, proprietari di un ovile, e il dipendente Ignazio Pusceddu, 55 anni.

“Ora voglio curarmi, devo farlo perché sto troppo male” ha detto nella conferenza stampa convocata presso la sede dei Radicali( sempre dalla parte dei deboli e degli innocenti)a Roma.

I giudici hanno ora disposto l’invio degli atti, relativi a tre false presunte testimonianze alla procura locale, tra cui quella dell’allora poliziotto che svolse le indagini e che mostrò a uno dei testimoni, sollecitandone la conferma dell’individuazione e del riconoscimento, una foto di Zuncheddu. “Non so perché l’hanno fatto” ha detto l’uomo.

A Zuncheddu nel corso di questi anni è stato chiesto di pentirsi: “Ma per cosa? Io non devo ravvedermi di nulla. Non devo pagare per ciò che non ho fatto. Non ho mai accettato di farlo, perché non c’entravo niente” ha detto con amarezza. “Il Paese ha sempre creduto all’innocenza di Beniamino Zuncheddu e alla fine questo iter degli ultimi tempi ha fatto in modo che tante tessere del mosaico formassero la scritta: ‘Beniamino Zuncheddu libero'” ha aggiunto l’avvocato difensore Simone Monni.

“Sono passati 33 anni, ero giovane allora. Ora sono vecchio. Loro mi hanno rubato tutto: la possibilità di avere una famiglia, di costruire qualcosa, di essere un cittadino libero” ha detto.

Solitamente è il Dott. Avv. D’Agostino a farmi presente alcune citazioni di Calamandrei, ma stavolta il mio collaboratore Nicola Gallo vorrebbe aggiungere, sempre citando l’illustre giurista, che “La Libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”.

Sono contento per Zuncheddu, ma resta ancora molto da dire al riguardo. Come anche per Giuseppe Gulotta, altro innocente, con 22 anni di carcere, assolto in sede di revisione del processo per errore giudiziario e ingiusta detenzione.

Ora non vi stupite per quello che leggerete. O meglio, stupitevi, ma respirate lentamente.

Negli ultimi 31 anni, gli errori giudiziari hanno coinvolto circa 30mila persone in Italia: tante quante ne entrano in uno stadio di calcio di medie dimensioni. È come se ogni anno un paese di 961 abitanti fosse stato coinvolto in un procedimento giudiziario. E nel solo anno scorso, sono stati registrati 547 casi, tra ingiuste detenzioni ed errori giudiziari. Roba da non crederci, eppure è vero, tristemente vero.

Lo Stato ha dovuto fare i conti con un costo elevato per questi errori: quasi un miliardo di euro in risarcimenti e indennizzi nel corso di questi anni. È come se ogni anno lo Stato dovesse pagare una multa di quasi 30 milioni di euro all’anno.

Costi in euro

Nel 2022, lo Stato ha dovuto pagare 27 milioni di euro per risarcire 539 casi di ingiusta detenzione. Mentre, per gli errori giudiziari dal 1991 al 2022, il costo totale per lo Stato è stato di oltre 76 milioni di euro. È come se ogni anno lo Stato pagasse un biglietto da circa 2,5 milioni di euro per gli errori giudiziari.

Il costo degli errori giudiziari può variare molto, in quanto influenzato da criteri di elaborazione dei risarcimenti discrezionali e variabili. Nel 2022, ad esempio, il costo degli errori giudiziari ha raggiunto quasi i 10 milioni di euro, una cifra 7 volte superiore a quella dell’anno precedente.

Ma la responsabilità di questi errori così clamorosi, chi la paga? I magistrati, le forze dell’ordine, colposamente o dolosamente, la scampano sempre, è ovvio. Senza contare falsi testimoni, false vittime. In un mondo orwelliano esistono ancora angoli ciechi, sia fisicamente che nella legge. Come presidente di AslimItaly mi batto spesso, come altre associazioni liberali, contro la malagiustizia.

Oggi con Zuncheddu l’Italia è più coerente, ma ci sono ancora tanti casi, alcuni, per definirla all’americana, “cold”(freddi, dimenticati).

Colpevoli in libertà e innocenti in prigione; purtroppo è proprio così, il più delle volte, con i lupi mannari che scorrazzano per il Belpaese e gli agnelli sacrificali che subiscono le angherie e il “fato” avverso.

Ministro Nordio, Lei ha affermato che per il 2026 sarà colmato il vuoto di organico nella magistratura, ma Le domando, che genere di magistrati verranno? E la loro responsabilità in caso di errore?

La questione degli errori giudiziari è molto più che una semplice questione di numeri e codici. È una questione di giustizia, di equità e di rispetto per i diritti umani. E’ anche una questione con un costo economico notevole. Continuare a lavorare per ridurre il numero di errori giudiziari non è solo un dovere morale, ma anche una scelta economicamente saggia.

Gulotta ha ricevuto 6milioni di euro per 22 anni di carcere. Zuncheddu ne merita ancora di più.

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