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Spazio: l’ultimo allunaggio è dell’Apollo 17

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Rientra sulla Terra la missione Apollo 17, sinora ultima missione dell’uomo sulla luna. Partita il precedente 7 dicembre, per la prima volta di notte, è comandata da Eugene Cernan. Nel corso delle 74 ore e 59 minuti trascorsi sulla luna, gli astronauti raccolgono diversi campioni di suolo, fra questi anche l’unico pezzettino di basalto lunare custodito in Italia. A regalarlo al governo del nostro paese è il presidente americano Richard Nixon. Il frammento di meno di un centimetro, raccolto in un bolla di vetro di sette centimetri è conservato al museo della scienza di Milano.

“Qui l’uomo completò la sua esplorazione della Luna, nel dicembre 1972. Possa lo spirito di pace nel nome del quale qui giungemmo riflettersi sulla vita di tutti gli uomini”. Questo messaggio è inciso su una targa posta su una delle quattro zampe di atterraggio del modulo lunare dell’Apollo 17(LEM), l’ultima missione umana sulla Luna. Fu letto in diretta tv dal comandante Eugene Cernan (1934-2017), l’ultimo essere umano ad aver poggiato il proprio scarpone sulla superficie del nostro satellite.

«Quando lasciammo la Luna, quel 14 dicembre del 1972 pensavamo che entro il Duemila sarebbe stato avviato un progetto concreto per farvi ritorno», raccontava Cernan. «Sapevamo che difficilmente vi saremmo potuti tornare in tempi brevi, entro la fine del millennio, poiché già nel periodo della nostra missione molti progetti anche ambiziosi venivano eliminati o “congelati” a causa dei tagli di bilancio, e il futuro appariva incerto».

Infatti le missioni Apollo, secondo i piani originali, avrebbero dovuto essere venti, ma si fermarono lì, con quel volo partito in ritardo all’ultimo istante, in piena notte e con uno spettacolo che a Cape Canaveral non si è più ripetuto, nonostante i lanci successivi degli space shuttle.

SPETTACOLO LUNARE.

 «Fu un grande spettacolo»,  ricordava Cernan. «Partimmo a quell’ora per via delle rispettive posizioni tra Terra e Luna, che indicavano come finestra di lancio favorevole quella che si apriva alle 21:53 della sera del 6 dicembre. Fu necessario stabilire procedure particolari, soprattutto per le possibili situazioni di emergenza durante le diverse fasi dell’ascesa verso l’orbita terrestre. Seguimmo una preparazione specifica, dove studiammo a memoria la posizione delle stelle e delle costellazioni; conoscendole bene, ti orientavi perfettamente: erano la nostra guida. Certo, in un lancio notturno non hai il vantaggio di vedere sotto di te l’immensità di un oceano, ma è comunque qualcosa di molto suggestivo».

E poi lo sbarco. L’allunaggio pilotato da Cernan nella Vallata di Littrows l’11 dicembre del 1972 e le escursioni con il suo collega Jack Schmitt  sulla jeep lunare, il “Lunar roving vehicle“, furono tra i momenti più emozionanti dell’era spaziale. Se cercate, troverete i filmati in cui si divertono da matti con l’auto lunare.

D’altra parte Jack Schmitt non si trovava lì per caso, in quanto geologo e planetologo, e aveva fatto parte dello staff di scienziati che aveva preparato gli astronauti delle precedenti missioni Apollo alla parte “geologica ” dell’esplorazione lunare con la disanima delle pietre raccolte.

«Sembrava un bambino quando entra in un negozio pieno di giocattoli», ricordava Cernan.

Non sapeva dove girarsi a guardare, era eccitato. Lui era molto più impegnato a osservare le rocce e il suolo, ed era giusto così, visto che era stato mandato fin lì apposta per quello. Io invece guardavo più spesso la Terra, che era un pallone da calcio bianco e azzurro sospeso nel cielo nerissimo. Ed era luminosa… una visione incomparabile. Riflettevo molto sul perché di quel viaggio così straordinario nel tempo, nello Spazio e nella realtà; non mi saziavo mai nel vedere la Terra da quel posto eccezionale.

L’ULTIMA IMPRONTA SUL SUOLO LUNARE

Su una cosa, però, Cernan non transigeva. A chi insinua che in realtà fu Schmitt, e non lui, l’ultimo astronauta a metter piede sul nostro satellite risponde: «Nell’ordine cronologico dei dodici uomini che sono sbarcati sulla Luna sono l’undicesimo, è vero. Da questo punto di vista Jack Schmitt è stato il dodicesimo, scendendo dopo di me. Ma io sono stato l’ultimo a rientrare sul modulo lunare Challenger, al termine della nostra terza e ultima escursione, e quindi le ultime impronte sono le mie».

E a proposito di quest’ultima, irripetibile, esperienza aggiungeva: «Mentre risalivo per l’ultima volta i nove gradini del modulo lunare, mi girai a guardare le impronte: avrei voluto fermare il tempo! Forse ho vissuto quei momenti con emozione ancora maggiore di quando avevo mosso i primi passi sulla Luna, tre giorni prima».

Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità.

Aspettiamo di ritornarci.

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