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Con fatture false si risponde solo di frode fiscale

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L’imprenditore che utilizza fatture false risponde solo di frode fiscale e non concorre nel reato di emissione di documenti fittizi.

Al più, potrà concorrere come istigatore ai sensi dell’articolo 110 del codice penale. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 16800 del 2 maggio 2022, ha accolto il ricorso di Stefano Ricucci, il noto imprenditore romano indagato nell’ambito di una maxi frode fiscale. La condanna è stata annullata con rinvio ai giudici territoriali di Firenze che dovranno rivalutare il caso alla luce delle nuove prove rinvenute, che scagionerebbero il manager.

In altri termini, «il potenziale utilizzatore di documenti o fatture emesse per operazioni inesistenti può concorrere, ove ne sussistono i presupposti, con l’emittente, secondo l’ordinaria disciplina dettata dall’art. 110 cod. pen. (istigazione), non essendo applicabile in tal caso il regime derogatorio previsto dall’art. 9 del d.lgs. 74/2000».

E poi ancora, ribadiscono gli Ermellini con un altro passaggio chiave, «in tema di emissione di fatture per operazioni inesistenti, prevista dall’art. 8 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n.74, il regime previsto dal successivo art. 9, che esclude la possibilità di concorso reciproco fra il reato previsto dall’art. 2 (dichiarazione fraudolenta mediante utilizzazione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) e quello previsto dall’art. 8, ha la ?nalità di evitare che la medesima condotta sostanziale sia punita due volte, ma non introduce alcuna deroga ai principi generali in tema di concorso di persone. nel reato, ?ssati dall’art. 110 cod. pen.».

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