Tre anni di calo del “sistema imprese”, qualcosa non va, ma cosa?

Dal 2022 sono peggiorati mercato del lavoro, produttività, capacità lavorative, gestione manageriale.

Il Rapporto di previsione che Confindustria presenterà oggi giovedì 2 ottobre ha per titolo «Investimenti per muovere l’Italia» e sarà di sicuro interesse per tema trattato, delicatezza del momento, missione associativa. In questo mese di ottobre il governo varerà il Documento programmatico di finanza pubblica e preparerà lo schema di bilancio 2026, in ciò confortato dall’innalzamento del rating che S&P Global ha preannunciato e che Fitch ha deciso con outlook stabile tenendo conto dello stato dell’economia generale del Paese espresso nel 2025 con un (senza infamia e senza gloria) 31° posto nella graduatoria Imd di settanta Paesi, migliore rispetto al 41° di tre anni fa (il governo nacque a ottobre 2022), confortato anche dagli investimenti internazionali attratti, per i quali in questi tre anni l’Italia è salita al 18° posto dal 24°. Non male, dopo tutto, visti i tempi.

 

Il problema risiede negli stessi tre anni dalla nascita del governo Meloni: sono peggiorati mediamente tutti i parametri del sistema delle imprese (produttività, mercato del lavoro, gestione, capacità lavorative), calati in graduatoria nell’insieme al 45° posto dal 34° del 2022. L’Istat ha confermato una caduta dell’1,9% nel 2023 rispetto al 2022 della produttività totale dei fattori e del 2,5% della produttività del lavoro. La fiducia delle imprese manifatturiere italiane, misurata dall’Istat pari a 87,3 a settembre, è stabile da qualche mese, ma è in forte calo rispetto al 92,1 di ottobre 2022. Emerge che gli investimenti tecnici realizzati in Italia negli ultimi tre anni sono serviti a tenere vive fabbriche già esistenti, non a migliorarle o a rinnovarle. Ciò che un’impresa ci mette di suo (valore aggiunto) in percentuale del prodotto che vende da tre anni è praticamente invariato, pari al 20%. Nei precedenti venti anni gli investimenti erano stati ancor più miseri, tanto più che l’età media delle fabbriche era raddoppiata da 10 anni nel 2002 a quasi 20 anni nel 2022, ed è rimasta tale fino ad ora. Nel 2024 gli investimenti tecnici sono stati molto inferiori finanche all’autofinanziamento, cioè alle risorse prodotte dalla gestione interna. Il surplus non investito è servito a ridurre l’indebitamento finanziario, e così i debiti a breve e a medio-lunga scadenza in percentuale del capitale dei soci sono diminuiti. Inveire contro le banche sembra essere dopo tutto superfluo.

Eppure l’Italia, anche se arranca, ha molto da offrire, in know-how, in disponibilità di risorse, sia umane che di materiale.

Dove stiamo sbagliando?

Da ALESSANDRO FUCCI

Tributarista di Esperienza. Esperto in Fisco e Tasse. Classe '77 . Conosciuto per la capacità di risollevare gli imprenditori in difficoltà.