La Cassazione: “Se c’è violenza sessuale non conta il tempo di reazione”

Il tempo impiegato da una vittima di molestie per reagire è irrilevante.

L’ha stabilito la Cassazione intervenendo sulla famosa “sentenza dei 30 secondi” che aveva assolto in due gradi di giudizio Raffaele Meola, un ex sindacalista accusato di violenza sessuale dalla ex assistente di volo Barbara D’Astolto. I giudici di primo grado e appello avevano negato la violenza sostenendo che la donna ci avesse messo troppo tempo a reagire e a sottrarsi all’abuso: circa 20-30 secondi.

I giudici della Suprema Corte, accogliendo il ricorso del pg di Milano Angelo Renna e della donna, hanno bocciato le prime due sentenze nelle quali si sosteneva che “i comportamenti dell’uomo non erano qualificabili come repentini o insidiosi perché erano durati venti o trenta secondi”.

La Cassazione sottolinea che “il ritardo nella reazione, cioè nella manifestazione del dissenso, è stato irrilevante avuto riguardo al contesto”. “È stato precisato e ribadito in numerose occasioni che per la consumazione del reato è sufficiente che il colpevole raggiunga le parti intime della persona offesa – si legge nel provvedimento che riapre la vicenda – essendo indifferente che il contatto corporeo sia di breve durata, che la vittima sia riuscita a sottrarsi all’azione dell’aggressore o che quest’ultimo consegua la soddisfazione erotica”.

E ancora: “è pacifico in giurisprudenza che la condotta di violenza sessuale ricomprende, oltre a ogni forma di congiunzione, qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, ancorché fugace ed estemporaneo, tra soggetto attivo e soggetto passivo sia idoneo e finalizzato a porne in pericolo la libera autodeterminazione della sfera sessuale”.

“Finalmente la Cassazione si mette nei panni della vittima e non dell’aggressore”, ha commentato D’Astolto ( sopra, in foto), “In un Paese con un così alto tasso di violenza di genere, le vittime non possono più essere colpevolizzate. È tempo che le responsabilità delle violenze se le assumano gli aggressori e non gli aggrediti”.

In tal senso, “la valutazione del giudice sulla sussistenza dell’elemento oggettivo non deve fare riferimento unicamente alle parti anatomiche aggredite e al grado di intensità fisica del contatto instaurato, ma deve tenere conto dell’intero contesto in cui il contatto si è realizzato”.

Dopo le due assoluzioni pronunciate il 26 gennaio 2022 dal tribunale di Busto Arsizio e dalla Corte d’Appello di Milano il 24 giugno 2024 si celebrerà un nuovo processo d’appello sulla base delle indicazioni della Cassazione.

La giurisprudenza degli ultimi anni, basandosi anche sulla Convenzione di Istanbul, si è avvicinata maggiormente al modello consensualistico ormai adottato da molti paesi europei, eppure non sempre i giudici italiani ne tengono conto. Come spiega Teresa Manente (sopra, in foto), avvocata di Differenza Donna che difende Barbara D’Astolto, questa sentenza “ha ribadito che l’atto sessuale senza consenso esplicito è violenza sessuale: non conta la durata della reazione della vittima, bisogna semmai accertare la condotta dell’imputato. E nel momento in cui vengono compiuti degli atti sessuali senza consenso si compie un reato”.

Donna Vita Libertà.

 

 

 

(Fonti: ANSA, Elle, Differenzadonna.org)

 

Da Nicola Gallo

Partenopeo, diploma di Maturità Classica (Lic.Stat. G.B.Vico), Laurea in Scienze Politiche conseguita presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II. Frequentazione parziale di Belle Arti. "Per aspera ad Astra, ad Astra ad Infinitum". Informare è un dovere, è un diritto. Informare ed essere informati, per il bene di tutti.