Sono passati due anni dalla morte di Silvio Berlusconi. Due anni senza il Cavaliere, paladino delle barzellette, alfiere delle gaffes, campione d’eccellenza dell’italianità sui generis.
E’ morto con umiltà, come tutti gli esseri umani, ma vive ancora digitalmente nei reel di TikTok, nei thread su X (ex Twitter), nei collage su Instagram, e ovviamente nel regno sacro dei meme e dei gifs.

Silvio è diventato immortale. Nei libri di storia, per chi li legge ancora, e negli archivi infiniti della cultura pop.
Le corna al vertice Ue hanno compiuto 23 anni, un momento internazionale diventato stile “Pierino”. Quando conta “Un, due, tre” con le dita, era l’aprile 2018, un momento di grande tensione politica: consultazioni al Quirinale, Salvini che elenca le richieste del centrodestra ma in realtà sta per rompere l’alleanza con Berlusconi e Meloni per fare il governo con i 5 Stelle. Oggi chi se lo ricorda, è solo l’immagine perfetta per creare liste improbabili.
L’apprezzamento compiaciuto di Michelle Obama, lo spolverare la sedia occupata prima da Marco Travaglio, l’asciugare il sudore sulla fronte di Salvini, gli occhiali anti-uveite, l’agnello in braccio, Putin e il cagnolino isterico Dudù nel salotto di Porta a Porta di Vespa. Il Berlusconi-meme è amato anche da chi non lo ha mai votato – o non era ancora nato quando governava – perché oggi non rappresenta più solo un’epoca, ma un sentire emozionale.
La sua figura è diventata mitica, più di un fumetto: una maschera contemporanea con le sue mille identità di imprenditore, politico, presidente del Milan, inquisito dalle magistrature, cantante, cabarettista, o playboy: il Berlusconi che è ancora tra noi è quello che canta con bandana- fashion e Tony Blair sorridente, o balla “Meno male che Silvio c’è” in un loop infinito di autoironia, con le registrazioni audio di chi lo ha definito “love of my life”( amore della mia vita, NdR), o fa apprezzamenti a rafFica(!).
Chi ha visto i trent’anni della sua ascesa nella Res Pubblica sarà in parte clemente verso la sua controversa figura. Ma le nuove generazioni hanno adottato il Berlusconi digitale come si fa con i personaggi di culto che hanno attraversato le generazioni: Totò, Mike Bongiorno e Alberto Sordi. Chi altro può vantare un simile successo, nel campo politico? Forse la regina Elisabetta, con i suoi vestitini retrò, la mano che saluta, i cagnolini corgi, la copertina dell’album dei Sex Pistols; e Churchill, il sigaro e il bicchierino, la vasca da bagno, le citazioni saccheggiate. Silvio è nell’immaginario come Napoleone, ma in chiave moderna. Persino nel vocabolario della lingua francese occupa un posto d’onore con le sue “Berlusconnaires”, le “berlusconate”, o come i grandi del passato con il “Berlusconismo”, evoluzione del Cesarismo che racchiude nelle proprie mani ingenti poteri che implicano irrimediabili responsabilità.
“Ciao ragazzi, eccomi qua!”, per citare il suo video di esordio sulla piattaforma cinese, “tic toc tac”(TikTok).
Quando l’ho rivisto, dopo la sua scomparsa terrena, sono stato colpito da un misto di tenera nostalgia e paura. Paura, si, perché finché c’era il Cavaliere, il mondo, Italia soprattutto, aveva un uomo che sapeva trovare il bene nel male, faceva ridere, anche irritare per la sua faccia di bronzo al collagene. Ma era, come si dice in questi casi, molto meglio quando c’era Lui.
E’ stato il “self-made” man per eccellenza, lo “yuppie” nostrano che ci ha regalato le prime tv private con tante emozioni, che ha eretto un impero dando moltissimi posti di lavoro, creandone altrettanti, con la sua spregiudicata verve imprenditoriale.
Silvio Berlusconi voleva piacere a tutti. Ci è riuscito, in parte, lasciando la sua impronta multicolor nella storia.
C’é chi dice stia in Paradiso, altri all’Inferno. Magari è in Purgatorio, come se stesse in sand-by tra una pubblicità e l’altra.
Non è stato il miglior Premier, ma di sicuro non il peggiore.