Oggi è la giornata internazionale dei bambini scomparsi. Un evento istituito in ricordo del piccolo Etan Patz, sei anni, sparito nel nulla a New York il 25 maggio 1979. Per tenere viva l’attenzione su un fenomeno dai grandi numeri, legato soprattutto ai centri di accoglienza da dove ogni anno fanno perdere le loro tracce migliaia di minori arrivati in Italia non accompagnati, la polizia ha organizzato punti di incontro e distribuzione di materiale informativo.
IL CASO DELLA PICCOLA DENISE PIPITONE
Mazara del Vallo si stringe con rispetto attorno alla famiglia Pipitone e a tutte le famiglie che vivono il dolore di una scomparsa». Con queste parole il sindaco Salvatore Quinci ha voluto ricordare oggi, 25 maggio, la Giornata internazionale dei bambini scomparsi, richiamando l’attenzione sul caso di Denise Pipitone, la bambina scomparsa nel nulla il 1º settembre 2004.
«Il caso di Denise ha segnato in modo indelebile la nostra città. È nostro dovere – ha aggiunto il sindaco – continuare a tenere alta l’attenzione sulla tutela dei minori, sulla prevenzione e sulla capacità delle istituzioni di intervenire con tempestività ed efficacia ogni volta che si rende necessario».
Ma questo non è bastato a decidere di dedicare a questo fenomeno almeno una giornata nazionale.
Come ogni anno, in Italia, il numero dei minori scomparsi è molto diverso a seconda che si tratti di minori italiani o di minori stranieri ma residenti nel nostro paese (minori stranieri non accompagnati o minori stranieri che risiedono in Italia con la propria famiglia e che non hanno ancora ricevuto la cittadinanza italiana). Così come sono diverse le percentuali di ritrovamento: i minori italiani scomparsi e non ritrovati sono stati 1.198 (più di tre al giorno); i minori senza passaporto italiano ma scomparsi all’interno dei confini nazionali, invece, sono stati più di 7.200 (oltre 600 ogni mese!).
Numeri impressionanti e forse potrebbe essere solo la punta dell’iceberg. I dati “ufficiali”, infatti, non possono tenere conto di minori per i quali non esiste alcuna denuncia di scomparsa.
Come i minori di strada. Anche di questo fenomeno si parla poco. Forse troppo poco: l’ISTAT riconosce di non avere dati ufficiali. Eppure secondo alcuni studi recenti (e fin troppo ottimistici) sarebbero oltre 50mila i minori di strada che vivono in Italia. E pensare che per loro l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha istituito una giornata: il 12 aprile.
I bambini di strada sono uno dei problemi sociali più complessi degli ultimi decenni. Secondo le stime delle Nazioni Unite sono centinaia di milioni (e il loro numero sta aumentando). In tutto il mondo: in India, in Brasile, in Cina, ma anche in Europa e in molti paesi “sviluppati”. Eppure sono pochi gli interventi concreti adottati dai governi per aiutare questi bambini ad inserirsi socialmente e non essere più scomparsi. Non di rado, le autorità si nascondono dietro la difficoltà di definire cosa si deve intendere per “bambino di strada”.
Molti di questi adolescenti fuggono da contesti di cui nessuno vuole parlare: povertà estrema (secondo l’ISTAT – qui i dati ci sono – sono oltre un milione e duecentomila i minori in condizioni di povertà estrema), violenze sia assistite che subite e spesso opera di persone di cui si fidavano (genitori, parenti, caregiver o “amici”), bullismo e cyberbullismo. Povertà in Italia, report Istat | Minori.it – Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza
Alcuni di loro non hanno più contatti con la propria famiglia. Altri, invece, non si separano dalla famiglia: vivono in una sorta di limbo trascorrendo buona parte del proprio tempo per strada. Decine e decine di migliaia di minori che vivono in situazioni di cui non parla mai nessuno.
L’IDENTITA’ NEGATA
L’assenza di politiche che riguardano direttamente questi adolescenti spesso costituisce una palese violazione dei diritti umani e dei diritti della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Minori o CRC. Diritti come il diritto ad avere una registrazione alla nascita e un’identità legalmente riconosciuta. Un diritto sancito dall’articolo 7 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Minori. Il diritto alla registrazione e alla cittadinanza – Gruppo CRC Una convenzione per la quale tra pochi giorni cadrà l’anniversario della ratifica da parte dell’Italia: la CRC venne approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 Novembre 1989, ma l’Italia decise di trasformarla in legge nazionale solo un paio d’anni dopo, il 27 maggio 1991.
Da allora, in molti paesi, anche tra quelli più attenti ai diritti umani, si è fatto davvero poco, troppo poco per garantire che tutti i nuovi nati venissero registrati alla nascita e potessero avere un’identità legalmente riconosciuta. E se ne è parlato ancora meno. Eppure anche gli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile (SDGs) includono un obiettivo specifico, il 16.9, che prevede di fornire un’identità legale a tutti, inclusa la registrazione delle nascite, entro il 2030. E l’obiettivo 17.9 prevede lo sviluppo della capacità statistica necessaria per sistemi nazionali di registrazione civile.
La realtà è completamente diversa: secondo i dati forniti dall’UNICEF, nel mondo, sarebbero oltre 150 milioni i bambini non registrati alla nascita. Il certificato di nascita è fondamentale: è la prova dell’identità legale di un minore e costituisce la base su cui i bambini possono avere una nazionalità, possono evitare il rischio di apolidia e possono ricevere protezione dalla violenza e dallo sfruttamento. Disporre di un certificato di nascita può prevenire fenomeni di sfruttamento minorile, matrimoni precoci e il reclutamento di adolescenti nei conflitti armati (dato che consente di verificare l’età del bambino). Un certificato di nascita è essenziale anche per ricevere assistenza in settori fondamentali quali salute, istruzione e giustizia. Ma, non meno importante, senza di esso è impossibile denunciare alle autorità la scomparsa di un minore “invisibile”.
NOTA : Per segnalazioni o avvistamenti è possibile rivolgersi al 112 oppure al 116000, numero unico europeo per i minori scomparsi e, anche in forma anonima, all’app digitale Youpol, magari per segnalare, in prima persona, situazioni dalle quali si vorrebbe scappare: violenza domestica, bullismo, cyberbullismo.
(Fonti: Tp24.it, InTerris.it)