Nuova fase nella tragica vicenda di Saman Abbas, la 18enne pakistana barbaramente assassinata nel maggio 2021 a Novellara, nella Bassa Reggiana. Ieri mattina sono stati arrestati e portati in carcere i cugini Nomanulhaq Nomanulhaq e Ikram Ijaz, dopo la condanna per entrambi all’ergastolo emessa dalla corte d’Assise d’Appello di Bologna lo scorso 18 aprile.
I due pakistani sono stati arrestati dai carabinieri del nucleo investigativo di Reggio Emilia, dando esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare emessa lo scorso 6 maggio su richiesta della Procura Generale. I due cugini erano ancora in stato di libertà, ma sapevano che era ormai sarebbe scoccata l’ora decisiva. Nel processo di primo grado a Reggio Emilia erano stati assolti. In secondo grado a Bologna invece, la Corte d’Assise d’Appello aveva ribaltato tutto condannandoli all’ergastolo. Massima pena che invece era stata confermata per i genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, già in carcere, oltre all’aumento di pena da 14 a 22 anni per lo zio Danish Hasnain.
Tutta la famiglia, secondo i giudici, partecipò attivamente all’omicidio della giovane Saman, “colpevole” ai loro occhi di aver rifiutato di sposare un parente nel suo Paese natale secondo usanze locali. La giovane, secondo quanto ricostruito dagli investigatori anche sulla base di alcuni filmati ripresi da telecamere di sorveglianza, fu uccisa quando decise di andarsene da casa, esasperata dopo l’ennesimo litigio, scatenando le ire di quello che per la procura era di fatto un clan.
Il cadavere della ragazza fu rinvenuto un anno e mezzo dopo, sotterrato in un campo non distante dalla residenza di famiglia, sotto un metro di terra. I genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaheen,che nel frattempo erano fuggiti in Pakistan, furono arrestati ed estradati in tempi diversi: il padre nel 2022, la madre nel 2024.
Lo zio fu invece individuato e bloccato a Parigi, e poi trasferito in Italia. I due cugini, in aula, avevano giurato di non aver partecipato al delitto, di essere estranei alla vicenda e di “non aver nulla a che fare con la famiglia di Saman”. Ma in tribunale sono state decisive le parole del fratello di Saman (l’unico non imputato per il delitto), che aveva puntato il dito proprio contro di loro e lo zio Danish, ritenuto l’autore materiale del femminicidio. Le difese hanno presentato ricorso in Cassazione, che presto si pronuncerà sulla sentenza della Corte d’appello. La parola fine, tuttavia, non è ancora stata scritta.
Donna, Vita, Libertà.
(Fonti: Avvenire, Il Fatto Quotidiano)