Ultimamente c’è stato allarme, oltre che per la questione dazi, anche per un codice della classificazione delle attività economiche (Ateco 2025) che prevede anche la prostituzione. È sembrato inizialmente che venisse legalizzata o quanto meno sdoganata, e anche che aprisse allo sfruttamento della prostituzione. Non è così. Vediamo in dettaglio.
In cosa consiste una classificazione statistica? È uno strumento fondamentale per comprendere i fenomeni della realtà circostante. Ad esempio, la popolazione italiana può essere classificata per classi di età. Le classi devono avere due caratteristiche: innanzitutto essere esaurienti, ossia tutti gli individui della popolazione devono poter essere rappresentati all’interno di una classe; poi essere mutuamente esclusive: ogni individuo deve essere assegnato a una classe e non ad altre (ovviamente).
La classificazione delle attività economiche risponde agli stessi requisiti. Alcune classificazioni possono essere internazionali, altre no. Quella Ateco 2025 lo è. L’Istat per regolamento europeo adotta questa classificazione, che non è altro che la versione nel nostro Paese della Nace Rev 2.1 del 2023, definita a livello europeo, che deriva dalla Isic, internazionale. Una cosa seria, sulla quale hanno lavorato esperti di tutto il mondo nel corso degli anni. La classificazione è statistica perché usata quindi dall’Istat a fini statistici.
La classificazione europea Nace Rev 2.1 prevedeva un codice 96.99 “Altre attività di servizi alla persona n.c.a”, cioè una voce “altro”. A livello europeo la descrizione riportava anche “provision or arrangement of sexual services, organisation of prostitution events or operation of prostitution establishments”.
Una classificazione, per essere valida, deve essere precisa. Quindi, la prostituzione può starci, è un fenomeno esistente e ci sono Paesi dove questa attività è del tutto legale (e tassata), come Olanda o Svizzera. Quei Paesi useranno quel codice per classificare le imprese che svolgono quell’attività, se l’Italia cambierà le norme lo farà anche lei. Ma non sarà certo una classificazione statistica a cambiare di fatto le norme di un Paese.
Il codice non contiene solo la prostituzione, ma anche molti altri esempi di “servizi di incontro e eventi simili”, come le classiche agenzie matrimoniali e di speed dating (incontri organizzati per soci/iscritti). L’Italia si limiterà a inserire in quella voce solo gli esempi di servizi presenti sul suo territorio.
C’è anche un codice “pesca marina” (03.11.00), che prevede la “cattura di cetacei” (balene, delfini), tra gli esempi, che è cosa vietata in Italia.
Meglio chiarire ulteriormente. L’Istat a livello nazionale stima anche l’entità dell’economia non osservata. E in questo ambito ha prodotto una stima di consumi finali relativi alla prostituzione, pari a 4,7 miliardi di euro. Il metodo utilizzato è indiretto e all’interno dei conti nazionali. Una bella cifra!
Va da sé che tempo fa in una sentenza della corte di Cassazione la prostituzione fu definita “Lavoro Usurante” al pari di altri mestieri che implicano sforzo fisico.
Di sicuro, quello che va fatto (ma dai tempi della Merlin nessun governo mai) è liberare le strade dal degrado, soprattutto adesso che internet offre scelte di ogni tipo.
Il fatto che il sesso a pagamento compaia nella classificazione europea serve esclusivamente a fini statistici, per consentire agli Stati membri comparabilità nei dati e completezza nei Conti Nazionali. L’Istat, in linea con le norme europee (SEC), stima già da anni l’impatto economico delle attività illegali, tra cui prostituzione, droga e contrabbando, attraverso metodi indiretti, senza che ciò implichi una loro ufficializzazione economica.
Quindi, escort e prostitute non potranno iscriversi alla Camera di Commercio né aprire partite IVA con il codice 96.99.92, almeno fino a un futuro cambiamento normativo. Il codice esiste a livello statistico europeo, ma in Italia resta applicabile solo a chi svolge attività pienamente legali.
La polemica si rivela essere solo una forzatura interpretativa, anche se riporta sotto i riflettori l’irrisolto nodo giuridico della regolamentazione del sesso a pagamento, in un Paese in cui la prostituzione non è vietata, ma è priva di ogni riconoscimento e tutela lavorativa.
Sono circolate molte “bufale” ( e battutine da bar) sulla questione, persino una improbabile regolarizzazione fiscale includendo l’uso del Pos da parte della clientela!
(Fonti: Il Tempo, Il Foglio)