Sono state date diverse definizioni , ogni volta necessarie e purtroppo drammaticamente insufficienti: dal “giorno della perdita dell’innocenza” alla “strage di Stato”, fino al “buco nero”, ogni volta per far comprendere l’orrore dello stragismo. Inizia tutto il giorno 12 dicembre 1969 di cui oggi commemoriamo il 54° anniversario. Tutto parte da quella tragedia, la strage di piazza Fontana che spezzò 17 vite, ferì e mutilò 88 persone e cambiò la storia della Repubblica per sempre. Tutto ha origine da quella maledetta bomba esplosa alle 16.37 di un venerdì qualsiasi, nel salone centrale della Banca Nazionale dell’Agricoltura. L’insegna è ancora lì ed è l’unica cosa rimasta intatta nel tempo. Il resto va di nuovo raccontato, soprattutto per far capire cosa è stato.
E’ necessario fare più di un passo indietro nel tempo, in quel mondo di Tv e fotografie in bianco e nero, a quei tempi raccontati con un pensiero particolare. Alla giovane Repubblica Italiana nata dalla Resistenza e già minacciata da nostalgie fasciste autoritarie, sull’orlo della guerra civile nel 1960 sotto il governo Tambroni, sull’orlo del golpe quattro anni dopo nei piani del Generale De Lorenzo. Tempi difficili. Facili non lo sono mai stati.
Il mondo era diviso in due blocchi, americano e sovietico, quelli della Guerra Fredda. Ci sono le due Germanie – Ovest ed Est(ora riunite) – e la Jugoslavia(ora divisa), incombe l’Urss (ora Federazione Russa)che ha soffocato con la forza e nel sangue i sogni di libertà e indipendenza di Praga(Repubblica Ceca ora) nel 1968, dopo averlo fatto con Budapest 12 anni prima. L’Europa unita è un embrione ancora informe politicamente, la Cina cresce dopo a Lunga Marcia di Mao Tse Tung. L’Italia è sotto (costante e asfissiante) influenza Usa, il più forte partito comunista d’occidente è vissuto come una pericolosa minaccia perenne.
Il Sessantotto della contestazione studentesca, con le università occupate( tutt’ora pratica ripetuta) e spesso sgomberate con la forza, ha fatto lasciato il posto al Sessantanove delle rivendicazioni operaie, dell’Autunno caldo con le fabbriche in tumulto per il rinnovo dei contratti di categoria, scuote ulteriormente i fragili equilibri.
L’Italia, dopo 54 anni è ancora qui. Ci sarà ancora, soprattutto se non dimenticheremo gli errori e gli orrori che hanno determinato scelte e considerazioni, investendo le coscienze di tutti.

